1 Gennaio 2015
LA POLITICA
FIUMI DI PAROLE...
Eccovi qui sotto il controdiscorso di Beppe Grillo a quello del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, seguiti da tre video, dopo Napolitano c'è l'incontro di fine anno con la Stampa del premier Matteo Renzi, e poi di Grillo con la stampa estera...
Fiumi di parole, e intanto noi anneghiamo nella merda!
G.B.
IL DISCORSO DI FINE ANNO 2014 DI BEPPE GRILLO
"Signori siamo qua in una versione leggermente differente dalle solite: siamo nel nuovo ufficio della Casaleggio Associati, una specie di catacomba dove aleggiano gli spiriti, gli spiriti quelli buoni. Noi siamo qua dentro per, quasi cospirare, per parlare di cose che sono assolutamente proibite fuori o pericolose: onestà, lealtà. Queste cose che ormai fuori vengono percepite come rivoluzionarie o eversive.
Noi siamo i veri eversori
Voglio farvi un saluto diverso dagli altri anni, un saluto senza rimpianti perché cosa potremo rimpiangere del 2014 che se ne va? Renzi, le balle di Renzi? Cosa potremo rimpiangere? Un attentato alla democrazia e alla costituzione di due partiti il PD e il Pdl? Ricordate il PDmenoelle? Sembrano cose del passato remoto, due partiti che si sono uniti per disfare la Costituzione. Un partito dove il fondatore Dell’Utri è in galera, ha preso 9 anni per associazione esterna mafiosa e il suo Presidente è stato mandato via dal Senato per leggera evasione fiscale, condonata con "4 giorni" in un ospizio, è fantastico, questo è un Paese meraviglioso!
La decadenza dell'Italia
Tutti i parametri sono peggiorati. Guardate che il 2014 ce lo ricorderemo, forse sarà leggermente meglio del 2015! Ho un sottile ottimismo. Nel 2014 se ne è andata un po’ di produzione industriale, il Pil si è abbassato, questi dati ormai fanno parte di un mondo in decadenza. I nostri Bot, i nostri Cct sono ormai declassati a titolo spazzatura. Abbiamo una disoccupazione a livelli memorabili, abbiamo 10 milioni di poveri con le code chilometriche della Caritas. Il problema dei problemi poi non è neanche la mafia di Roma, l’Expo, il Mose. Ci stiamo abituando a questo marcio, forse ci stiamo abituando e non lo percepiamo neanche più, è la percezione quella che ci arriva. Ecco perché bisogna parlare sottovoce!
Succederà nel 2015
Forse il 2015 ci porterà dei risultati straordinari! Può darsi che l'ebetino si toglierà di mezzo, magari con le Olimpiadi allenandosi con i 100 metri ostacoli quando sarà rincorso dalla popolazione. Forse avremo una grande soddisfazione perché per raggiunti limiti di età Napolitano, che ha condiviso (e anche leggermente sponsorizzato) questo sfacelo, si toglierà da questa posizione molto precaria che ha oggi come Presidente della Repubblica.
Magari Forza Italia - Forza Mafia, chiamatela come volete, non ci sarà più, avrà percentuali da prefisso telefonico. Forse succederà qualcosa, ma non bisogna spargere la voce, succederà qualcosa! L’abbiamo già fatta succedere. In Parlamento ci hanno preso in giro, ci hanno messo in un angolo, andiamo sui tetti, facciamo provocazioni, andiamo… cerchiamo di far conoscere quello che succede veramente dentro del comma 5 che modifica il comma 7 del comma 9, del comma 11, della legge 45 poi vai a vedere, chi è? Cos’è? Non si sa!
Vogliamo la tua partecipazione
Allora noi stiamo cercando di fare, siamo nati da una legge popolare e stiamo adesso coadiuvandoci tutti con i banchetti in tutta Italia per una legge di iniziativa popolare per uscire dall'euro! Siamo nati da quello noi! Vi ricordate era il 2007: il primo V-day. Legge di iniziativa popolare: via i parlamentari condannati, due legislature sennò ti fai le combriccole, voto di preferenza per la legge elettorale, ma anni fa, sembrano anni luce, Dio mio! Siamo quelli per la democrazia dal basso, condivisa, non vi chiediamo né voti, né niente. Fate quello che credete più opportuno per l’amor di Dio. Se volete invece il MoVimento vi apre le braccia se collaborate e se vi impegnate un po. Se invece continuate a dare deleghe a questa gente qui, io non so come andremo a finire!
Usciamo dall'euro!
Comunque noi stiamo portando in Parlamento una legge di iniziativa popolare che ci permetterà di chiedere un referendum consultivo per uscire dall’Euro! Perché essere schiavi? Vogliamo diventare un Paese... ora lo dico... normale, normale! Avere la nostra sovranità monetaria, la nostra sovranità economica, essere normali, avere il nostro fisco senza che sia delegato a una banca a mille chilometri. Lo so che è chiedere una cosa gigantesca! Vogliamo rimanere in Europa bella, diversa, con i francesi, con i tedeschi, vogliamo starci in mezzo a questa gente qua, perché siamo diversi, SIAMO ITALIANI! Uscire dall’Euro è una partenza, diventeremo competitivi, manipoliamo, facciamo delle cose meravigliose ancora. Perché continuare a pensare di non avere un piano B? Questo è il piano B, l’unico che c’è in Italia! Il piano B è del MoVimento 5 Stelle.
Il programma del M5S per l'Italia
E' una partenza. Poi ci sarà da riformare la burocrazia, le tasse, avere delle tasse più eque, ma è normale questo. Lo faremo con i decreti che hanno usato loro, lo faremo in brevissimo tempo: leggi anticorruzione, proteggeremo il Made in Italy, la piccola e media impresa, faremo il reddito di cittadinanza, Dio mio, il reddito di cittadinanza! Bisogna non farsi sentire, non facciamoci sentire. Vuole dire che se uno perde il lavoro può avere la possibilità in 3 anni di avere tre lavori e se non accetta perde il diritto di cittadinanza, l’abbiamo fatto, abbiamo le coperture, abbiamo tutto in modo che nessuno deve rimanere indietro, Dio mio che concetto della politica!
Sempre coerenti con i nostri principi
Quindi che rimpianti avremo? Non lo so che rimpianti, so solo che andremo verso qualcosa che abbiamo iniziato. Noi siamo forse la causa, gli effetti li vedranno i nostri nipoti. Stiamo cambiando! Una classe politica di giovani! Abbiamo fatto poche cose ci dite, può darsi, ma non abbiamo mai tradito quello che abbiamo detto, abbiamo fatto, non abbiamo preso soldi, siamo nati dalla Rete senza soldi. Guardate che sta succedendo una cosa bellissima: noi che non abbiamo chiesto soldi a nessuno siamo pieni di soldi: quando dobbiamo fare le iniziative i cittadini ce li danno! Loro, adesso vogliono rimettere rimborsi elettorali perché hanno messo il 2 per mille. "Diamo la possibilità ai cittadini di finanziare i partiti" dicevano. Toh, non gli danno niente! Allora abbiamo avuto sempre ragione, siamo stufi anche di avere sempre ragione, non voglio imporvi nulla, giudicate voi.
La fiaba di Calvino
Voglio lasciarvi in modo sereno, però, voglio leggervi una piccola parabola, chiamiamola parabola, ma è una fiaba di Calvino(*), scritta qualche decennio fa. Io credo che questa sia proprio l’illustrazione proprio di come non è cambiato niente, da 20/25 anni fa quando l’ha scritta Calvino a oggi.
E' veramente straordinaria.
Provo a leggerla anche se non sono un fine dicitore per l’amor di Dio:
“C’era un paese dove erano tutti ladri – provate a indovinare che Paese è… - La notte ogni abitante usciva con i grimaldelli e la lanterna cieca e andava a scassinare la casa di un vicino, rincasava all’alba carico e trovava la casa svaligiata – fantastico! –
E così tutti vivevano in concordia e senza danno poiché l’uno rubava all’altro e questo a un altro ancora e così via, finché non si rubava a un ultimo che rubava al primo.
Il commercio di quel Paese si praticava solo sotto forma di imbroglio da parte di chi vendeva e da parte di chi comprava! Il governo era un’associazione a delinquere ai danni dei sudditi – ci sono delle strane assonanze – e i sudditi dal canto loro badavano solo a frodare il governo. Così la vita proseguiva senza inciampi e non c’erano né ricchi e né poveri. Ora non si sa come accadde nel paese si venisse a trovare un uomo... onesto. La notte invece di uscirsene con il sacco e la lanterna stava a casa a fumare e a leggere romanzi, venivano i ladri, vedevano la luce accesa e non salivano. Questo fatto durò per un poco. Poi bisognò fargli comprendere che se lui voleva vivere senza fare niente non era una buona ragione per non lasciar fare agli altri, ogni notte che lui passava in casa era una famiglia che non mangiava l’indomani. Di fronte a queste ragioni l’uomo onesto non poteva opporsi, prese anche lui a uscire la sera per tornare all’alba, ma a rubare non ci andava. Onesto era e non c’era nulla da fare, andava fino al ponte e stava a vedere passare l’acqua sotto, tornava a casa e la trovava svaligiata, in meno di una settimana l’uomo onesto si trovò senza un soldo, senza di che mangiare, con la casa vuota, ma fin qui poco male perché era colpa sua.
Il guaio era che da questo suo modo di fare ne nasceva tutto un cambiamento, perché lui si faceva rubare tutto e intanto non rubava a nessuno, così c’era sempre qualcuno che rincasando all’alba trovava la casa intatta. La casa che avrebbe dovuto svaligiare lui era intatta, fatto sta che dopo un po’ quelli che non venivano derubati si trovarono a essere più ricchi degli altri e a non voler più rubare e d’altronde quelli che venivano per rubare in casa dell’uomo onesto la trovarono sempre vuota, così diventavano poveri. Intanto quelli diventati ricchi, presero l’abitudine anche loro di andare la notte sul ponte a vedere l’acqua che passava sotto, questo aumentò lo scompiglio perché ci furono molti altri che diventarono ricchi e molti altri che diventarono poveri. Ora i ricchi videro che andare la notte sul ponte dopo un po’ sarebbero diventati poveri pensarono: paghiamo dei poveri che vadano a rubare per conto nostro. Si fecero i contratti, furono stabiliti i salari, le percentuali e naturalmente sempre ladri erano e cercavano di ingannarsi gli uni con gli altri, ma come succede i ricchi diventavano sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri. C’erano dei ricchi così ricchi da non avere più bisogno di rubare per continuare a essere ricchi però se smettevano di rubare diventavano poveri perché i poveri li derubavano, allora pagarono più poveri dei poveri per diventare la roba dagli altri poveri e così istituirono la polizia e costruirono le carceri. In tal modo pochi anni dopo l’avvenimento dell’uomo onesto non si parlava più di rubare o di essere derubati, ma si parlava solo di ricchi e poveri, eppure erano sempre tutti ladri, di onesti c’è stato solo quel tale che era morto subito e di fame”.
Con questa novella di Calvino vi auguro veramente delle buone cose!
Noi adesso ci faremo seppellire in questo ufficietto meraviglioso, io e l’ombra di Casaleggio.
Buon anno a tutti!" Beppe Grillo
MESSAGGIO DI FINE ANNO 2014
DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA GIORGIO NAPOLITANO
Il messaggio augurale di fine d'anno che ormai dal 2006 rivolgo a tutti gli italiani, presenterà questa volta qualche tratto speciale e un po' diverso rispetto al passato. Innanzitutto perché le mie riflessioni avranno per destinatario anche chi presto mi succederà nelle funzioni di Presidente della Repubblica. Funzioni che sto per lasciare, rassegnando le dimissioni: ipotesi che la Costituzione prevede espressamente.
E desidero dirvi subito che a ciò mi spinge l'avere negli ultimi tempi toccato con mano come l'età da me raggiunta porti con sé crescenti limitazioni e difficoltà nell'esercizio dei compiti istituzionali, complessi e altamente impegnativi, nonché del ruolo di rappresentanza internazionale, affidati dai Padri Costituenti al Capo dello Stato.
A quanti auspicano - anche per fiducia e affetto nei miei confronti - che continui nel mio impegno, come largamente richiestomi nell'aprile 2013, dico semplicemente che ho il dovere di non sottovalutare i segni dell'affaticamento e le incognite che essi racchiudono, e dunque di non esitare a trarne le conseguenze. Ritengo di non poter oltre ricoprire la carica cui fui chiamato, per la prima volta nel maggio del 2006, dal Parlamento in seduta comune. Secondo l'opinione largamente prevalente tra gli studiosi, si tratta di una valutazione e di una decisione per loro natura personali, costituzionalmente rimesse al solo Presidente, e tali da non condizionare in alcun modo governo e Parlamento nelle scelte che hanno dinanzi né subendone alcun condizionamento.
Penso che questi semplici chiarimenti possano costituire una buona premessa perché Parlamento e forze politiche si preparino serenamente alla prova dell'elezione del nuovo Capo dello Stato. Sarà quella una prova di maturità e responsabilità nell'interesse del paese, anche in quanto è destinata a chiudere la parentesi di un'eccezionalità costituzionale.
Personalmente resto convinto che la disponibilità richiestami e offerta nell'aprile 2013, in un momento di grave sbandamento e difficoltà post-elettorale, sia risultata un passaggio determinante per dare un governo all'Italia, rendere possibile l'avvio della nuova legislatura e favorire un confronto più costruttivo tra opposti schieramenti politici. Ma è positivo che ora si torni, per un aspetto così rilevante, alla normalità costituzionale, ovvero alla regolarità dei tempi di vita delle istituzioni, compresa la Presidenza della Repubblica.
L'aver tenuto in piedi la legislatura apertasi con le elezioni di quasi due anni fa, è stato di per sé un risultato importante : si sono superati momenti di acuta tensione, imprevisti, alti e bassi nelle vicende di maggioranza e di governo ; si è in sostanza evitato di confermare quell'immagine di un'Italia instabile che tanto ci penalizza, e si è messo in moto, nonostante la rottura del febbraio scorso, l'annunciato, indispensabile processo di cambiamento.
Un anno fa, nel messaggio del 31 dicembre, avevo detto : "Spero di poter vedere nel 2014 almeno iniziata un'incisiva riforma delle istituzioni repubblicane". Ebbene, è innegabile che quell'auspicio si sia realizzato. E il percorso va, senza battute d'arresto, portato a piena conclusione. Non occorre che io ripeta - l'ho fatto ancora di recente in altra pubblica occasione - le ragioni dell'importanza della riforma del Parlamento, e innanzitutto del superamento del bicameralismo paritario, nonché della revisione del rapporto tra Stato e Regioni.
Ma sul necessario più vasto programma di riforme - istituzionali e socio-economiche - messo in cantiere dal governo, sulle difficoltà politiche che ne insidiano l'attuazione, sulle possibilità di dialogo e chiarimento con forze esterne alla maggioranza di governo - anche, s'intende, e in via prioritaria, per il varo di una nuova legge elettorale - non torno ora avendovi già dedicato largamente il mio intervento, due settimane fa, all'incontro di fine anno con i rappresentanti delle istituzioni, delle forze politiche e della società civile. Vorrei piuttosto ragionare con voi su come stiamo vivendo questo momento in quanto generalità dei cittadini, uniti dall'essere italiani.
Credo sia diffuso e dominante l'assillo per le condizioni della nostra economia, per l'arretramento dell'attività produttiva e dei consumi, per il calo del reddito nazionale e del reddito delle famiglie, per l'emergere di gravi fenomeni di degrado ambientale, e soprattutto - questione chiave - per il dilagare della disoccupazione giovanile e per la perdita di posti di lavoro. Dalla crisi mondiale in cui siamo precipitati almeno dal 2009, nemmeno nell'anno che oggi si chiude siamo riusciti a risollevarci. Parlo dell'Europa e in particolare dell'Italia.
Gli Stati Uniti, da cui partì - anche per errate scelte politiche - la crisi finanziaria, conoscono un'impennata della ripresa già avviata e guardano all'Europa per uno sforzo corrispondente, benché in condizioni assai diverse. In effetti, l'Italia ha colto l'opportunità del semestre di presidenza del Consiglio per sollecitare un cambiamento nelle politiche dell'Unione che accordi la priorità a un rilancio solidale delle nostre economie. Tra breve il Presidente del Consiglio Renzi tirerà le somme dell'azione critica e propositiva svolta a Bruxelles. Nulla di più velleitario e pericoloso può invece esservi di certi appelli al ritorno alle monete nazionali attraverso la disintegrazione dell'Euro e di ogni comune politica anti-crisi.
Tutti gli interventi pubblici messi in atto in Italia negli ultimi anni stentano a produrre effetti decisivi, che allevino il peso delle ristrettezze e delle nuove povertà per un così gran numero di famiglie e si traducano in prospettive di occupazione per masse di giovani tenuti fuori o ai margini del mercato del lavoro.
Guardando ai tratti più negativi di questo quadro, e vedendo come esso si leghi a debolezze e distorsioni antiche della nostra struttura economico-sociale e del nostro Stato, si può essere presi da un senso di sgomento al pensiero dei cambiamenti che sarebbero necessari per aprirci un futuro migliore, e si può cedere al tempo stesso alla sfiducia nella politica, bollandola in modo indiscriminato come inadeguata, inetta, degenerata in particolarismi di potere e di privilegio.
Non può, non deve essere questo l'atteggiamento diffuso nella nostra comunità nazionale. Occorre ritrovare le fonti della coesione, della forza, della volontà collettiva che ci hanno permesso di superare le prove più dure in vista della formazione del nostro Stato nazionale unitario e poi del superamento delle sue crisi più acute e drammatiche. Il Centocinquantenario dell'Unità si è perciò potuto celebrare - non dimentichiamolo - con orgoglio e fiducia, pur nella coscienza critica dei tanti problemi rimasti irrisolti e delle nuove sfide con cui fare i conti.
Un recupero di ragionata fiducia in noi stessi, una lucida percezione del valore dell'unità nazionale, sono le condizioni essenziali per far rinascere la politica nella sua accezione più alta, per rendere vincente quell'impegno molteplice e di lunga lena che i cambiamenti necessari all'Italia chiaramente richiedono.
Ho fatto del mio meglio in questi lunghi e travagliati anni della mia Presidenza per rappresentare e rafforzare l'unità nazionale, per sanare le ferite che aveva subito, per ridarle l'evidenza che aveva perduto : se vi sia in qualche modo riuscito, toccherà dirlo a quanti vorranno con obbiettività e insieme con spirito critico analizzare il mio operato.
Di strada comunque ne abbiamo percorsa, nella direzione che indicai in Parlamento dopo aver giurato da Presidente il 15 maggio 2006 : "il reciproco riconoscimento, rispetto e ascolto tra gli opposti schieramenti, il confrontarsi con dignità nelle assemblee elettive, l'individuare i temi di necessaria convergenza nell'interesse generale" non contrastano con la democrazia dell'alternanza, ma ne definiscono il più maturo e costruttivo modo di essere in sintonia con l'imperativo dell'unità nazionale. Si, in questa direzione, anche se tra alti e bassi, si sta andando avanti. Ed è il solo modo di garantire all'Italia stabilità politica e continuità istituzionale, e di affrontare su larghe basi unitarie le più gravi patologie di cui il nostro paese soffre.
A cominciare da quella della criminalità organizzata e dell'economia criminale ; e da quella di una corruzione capace di insinuarsi in ogni piega della realtà sociale e istituzionale, trovando sodali e complici in alto : gli inquirenti romani stanno appunto svelando una rete di rapporti tra "mondo di sotto" e "mondo di sopra". Sì, dobbiamo bonificare il sottosuolo marcio e corrosivo della nostra società. E bisogna farlo insieme, società civile, Stato, forze politiche senza eccezione alcuna. Solo riacquisendo intangibili valori morali la politica potrà riguadagnare e vedere riconosciuta la sua funzione decisiva.
Valori morali, valori di cultura e di solidarietà. Non lasciamo occupare lo spazio dell'attenzione pubblica solo a italiani indegni. Rendiamo omaggio a italiani esemplari. Come la brillante scienziata, Fabiola Gianotti, eletta all'unanimità direttore generale del Centro europeo per la Ricerca Nucleare a Ginevra. O come l'astronauta Samantha Cristoforetti che ci parla semplicemente, con modestia e professionalità, della ricerca scientifica in corso nello spazio.
Siamo orgogliosi di questi italiani campioni di cultura e di solidarietà. Come Fabrizio, il medico di Emergency accorso in Sierra Leone per curare i colpiti dal virus Ebola anche a costo di esserne contagiato e rischiare la vita. O come Serena Petriucciolo , ufficiale medico della Marina che sulla nave Etna ha aiutato - nella notte di Natale - una profuga nigeriana a dare alla luce la sua bimba. E che dire della perizia e generosità di cui gli italiani lanciatisi a soccorrere i passeggeri del traghetto in fiamme sulla rotta tra la Grecia e l'Italia hanno dato prova?
Ho voluto fare almeno questi pochi richiami al valore delle risorse umane di cui ci mostriamo dotati e di cui ci si dà atto internazionalmente ; potendo citare molti altri esempi individuali, che peraltro rinviano all'eccellenza dei nostri centri in cui i singoli si sono formati. Così come rinviano al magnifico impegno sia delle forze dello Stato sia del volontariato sui fronti di tutte le emergenze. Dalla constatazione delle qualità del nostro capitale umano può venire e diffondersi un'accresciuta consapevolezza della nostra identità e della nostra missione nazionale.
Una missione da esprimere anche in un atteggiamento più assertivo e in una funzione più attiva in seno alla comunità internazionale. Il canale principale per assolvere questa funzione è naturalmente dato dal concerto europeo, nel quale all'Italia è toccata la guida della politica estera e di sicurezza comune europea e la responsabilità operativa del Servizio esterno di azione europea. E il contesto internazionale in cui muoverci è critico e problematico come mai negli ultimi due decenni. Ne vengono per l'Italia e per l'Unione europea impegni di riflessione ed analisi, e soprattutto di proposta e di azione, non solo diplomatica, rispetto ai quali non ci si può tirare indietro. Il rischio di cadere in quell'indifferenza globale che Papa Francesco denuncia con tanto vigore è dietro l'angolo, anche da noi.
A quel rischio deve opporsi una sensibilità sempre più diffusa per le conquiste e i valori di pace e di civiltà oggi in così grave pericolo. La crescita economica, l'avanzamento sociale e civile, il benessere popolare che hanno caratterizzato e accompagnato l'integrazione europea, hanno avuto come premessa e base fondamentale lo stabilirsi di uno spirito di pace e di unità tra i nostri popoli.
Ebbene, questo storico progresso è sotto attacco per l'emergere di inauditi fenomeni e disegni di destabilizzazione, di fanatismo e di imbarbarimento, fino alla selvaggia persecuzione dei cristiani. Dal disegno di uno o più Stati islamici integralisti da imporre con la forza sulle rovine dell'Iraq, della Siria, della Libia ; al moltiplicarsi o acuirsi di conflitti in Africa, in Medio Oriente, nella regione che dovrebbe essere ponte tra la Russia e l'Europa : di questo quadro allarmante l'Italia, gli italiani devono mostrarsi fattore cosciente e attivo di contrasto. Ci dà forza la parola, il magistero del Pontefice che per la Giornata Mondiale della Pace si fa portatore di un messaggio supremo di fraternità, e ci richiama alla durissima realtà dei "molteplici volti della schiavitù" nel mondo d'oggi.
Farci, ciascuno di noi, partecipi di un sentimento di solidarietà e di un impegno globale - sconfiggendo l'insidia dell'indifferenza - per fermare queste regressioni e degenerazioni, è un comandamento morale ineludibile. E forse, facendoci lucidamente carico di quanto sta sconvolgendo il mondo, potremo collocare nella loro dimensione effettiva i nostri problemi e conflitti interni, di carattere politico e sociale ; potremo superare l'orizzonte limitato, ristretto in cui rischiamo di chiuderci.
Ho così concluso l'appello che questa sera ho voluto indirizzare, più che ai miei naturali interlocutori istituzionali, a ciascuno di voi come persone, come cittadini, attivi nella società e nelle sue molteplici formazioni civili. Perché da ciascuno di voi può venire un impulso importante per il rilancio e un nuovo futuro dell'Italia. Lo dimostrano quei giovani che non restano inerti - dopo aver completato il loro ciclo di studi - nella condizione ingrata di senza lavoro, ma prendono iniziative, si associano in piccoli gruppi professionali per fare innovazione, creare, aprirsi una strada.
Dal modo in cui tutti reagiamo alla crisi e alle difficoltà con cui l'Italia è alle prese, nasceranno le nuove prospettive di sviluppo su cui puntiamo, su cui dobbiamo puntare "dall'alto e dal basso". Il cammino del nostro paese in Europa, lo stesso cammino della politica in Italia lo determineremo tutti noi, e quindi ciascuno di noi, con i suoi comportamenti, le sue prese di coscienza, le sue scelte. Più si diffonderanno senso di responsabilità e senso del dovere, senso della legge e senso della Costituzione, in sostanza senso della Nazione, più si potrà creare quel clima di consapevolezza e mobilitazione collettiva che animò la ricostruzione post-bellica e che rese possibile, senza soluzione di continuità, la grande trasformazione del paese per più di un decennio.
Mettiamocela dunque tutta, con passione, combattività e spirito di sacrificio. Ciascuno faccia la sua parte al meglio. Io stesso ci proverò, nei limiti delle mie forze e dei miei nuovi doveri, una volta concluso il mio servizio alla Presidenza della Repubblica, dopo essermi impegnato per contribuire al massimo di continuità e operosità costituzionale durante il semestre di presidenza italiana del Consiglio dell'Unione Europea. Resterò vicino al cimento e agli sforzi dell'Italia e degli italiani, con infinita gratitudine per quel che ho ricevuto in questi quasi nove anni non soltanto di riconoscimenti legati al mio ruolo, non soltanto di straordinarie occasioni di allargamento delle mie esperienze, anche internazionali, ma per quel che ho ricevuto soprattutto di espressioni di generosa fiducia e costante sostegno, di personale affetto, direi, da parte di tantissimi italiani che ho incontrato o comunque sentito vicini. Non lo dimenticherò. Grazie ancora. E che il 2015 sia un anno fecondo di risultati positivi per il nostro paese, le nostre famiglie, i nostri ragazzi.
Presidenza della Repubblica Italiana
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