Articolo UNO, Movimento 5 Stelle,
Il Veneto che Vogliamo,
Partito Democratico.
COMUNICATO CONGIUNTO
Ai cittadini, alle forze politiche, sindacali e sociali,
alla Conferenza dei Sindaci del Veneto Orientale,
a tutti coloro che, presenti nel nostro territorio,
credono nella difesa della salute pubblica.
Stiamo assistendo ad una progressiva riduzione di servizi sanitari e socio-sanitari erogati dall’AULSS4 “Veneto orientale” nonché a un graduale processo di privatizzazione del sistema sanitario medesimo. A destare grande preoccupazione è la situazione nei nostri presidi ospedalieri di San Donà di Piave e di Portogruaro, sia per quanto riguarda l’utenza sia per ciò che concerne gli operatori. Il depotenziamento dei reparti di dialisi, di pediatria, di anatomia patologica ha come immediata conseguenza il fatto che da mesi ormai l’attività e l’assistenza ai pazienti viene garantita in un contesto caratterizzato da una grave carenza di personale medico.
Nello specifico: L’attività di dialisi viene gestita a San Donà di Piave con solo 2 medici al posto delle 8 unità previste in organico, mentre a Portogruaro attualmente ci si avvale di 2 medici-pensionati a gettone e si paventa la disattivazione della turnazione pomeridiana riducendo ulteriormente la presenza medica, garantendo l'attività solo al mattino; il che comporta che le urgenze dovranno andare con mezzi propri a Pordenone o a Latisana oppure essere portati presso l’ospedale dell'Angelo a Mestre. Questo lento e progressivo smantellamento dei “servizi offerti” comporterà probabilmente l'affido della gestione della dialisi ad una ditta esterna.
• È sempre più difficile riuscire a prenotare visite e esami non urgenti o riuscire a fare un intervento in tempi corretti se non rivolgendosi alle strutture private o recandosi fuori Regione.
• Per colmare le lacune del personale è di prassi il ricorso a personale precario e ad esternalizzati, allo straordinario con lo stop alla retribuzione dello stesso, a turni massacranti e mal pagati e a sedute aggiuntive, il che non consente al personale turnista il dovuto riposo con grave danno clinico per i pazienti stessi. Molti medici ospedalieri lasciano per intraprendere l’attività di medici di base oppure si licenziano per passare direttamente al privato; allo stesso modo, il personale sanitario predilige collaborare con cooperative o cliniche private, in quanto ciò consente guadagni più elevati e una maggiore possibilità di conciliare la vita lavorativa con la vita personale. L’intreccio tra la carenza di personale sanitario e il protrarsi dell’emergenza epidemiologica da COVID-19 ha comportato il dilatarsi esagerato delle liste d’attesa, tanto che oggi in media si devono attendere 9 mesi per l’erogazione di una prestazione, tempi ovviamente inconciliabili con i bisogni di tutela della salute e di cura della persona. Per rimediare a tale situazione critica è pertanto sempre più frequente il rivolgersi all’offerta sanitaria privata ovvero all’intramoenia, cui però possono ricorrere solo le fasce più agiate della popolazione.
• Noi riteniamo che una gestione sempre più aziendalista della sanità, senza grandi riorganizzazioni delle schede ospedaliere e con il progressivo affidamento di strutture e servizi ad aziende multiservizio private, sia un’ipotesi assolutamente da rifiutare non soltanto perché in questo modo si apre la strada ad una privatizzazione della sanità ospedaliera e territoriale del Veneto orientale tesa meramente ad una logica di massimizzazione dei profitti, ma anche perché favorisce l’insinuarsi, nei cittadini, dell’idea secondo cui lo Stato non è in grado di garantire efficacia ed efficienza della cura delle persone.
• È invece necessario promuovere un progetto organico volto alla valorizzazione dei servizi pubblici, a maggiori investimenti sul personale, a incrementare la connessione dei nostri presidi ospedalieri con il territorio in maniera tale che l'universalità delle prestazioni resti il principio cardine del nostro sistema, affinché che tutti possano accedere ai servizi, e non solo chi ha di più.
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