NOTA - Vanno dati 20 ANNI DI GALERA a coloro che nella Casa di Riposo di San Donà di Piave si sono macchiati di abusi e violenze sugli anziani ospiti della struttura, non ci sono parole per definire questi soggetti, che la parola UMANITA' non sanno nemmeno cosa sia. G.B.
COBAS - PUBBLICO IMPIEGO
CONFEDERAZIONE DEI COMITATI DI BASE
COMUNICATO STAMPA DEL 18.03.2023
Apprendiamo dalla stampa locale dei fatti incresciosi avvenuti all’interno della casa di riposo di San Donà.
Di fronte a tanta disumanità, condanniamo gli autori delle violenze e lasciamo che sia la giustizia a fare il suo corso. Contemporaneamente però, dobbiamo condannare con altrettanta determinazione chi ha creato le condizioni affinchè si potesse creare un ambiente talmente “estremo”.
Leggiamo che in queste ore, la politica e le istituzioni pubbliche piangono lacrime di coccodrillo per i fatti successi.
Vogliamo ricordare però quali sono i “peccati originali” dai quali non si può prescindere per capire chi sono i responsabili politici del degrado in cui è finito anche quel servizio sociosanitario.
In primis ricordiamo la delibera N. 08 DEL 26/03/2018 del cda della Casa di riposo ”MONUMENTO AI CADUTI IN GUERRA” mette nero su bianco il processo di privatizzazione dell'Ipab in questione; questa segue la deliberazione di Giunta comunale di San Donà n° 245 del 03/12/2015, con cui l'amministrazione al governo della città avvalla l'"Accordo di programma con la IPAB Monumento ai Caduti in Guerra", avvenuto in precedenza, in cui era anche prevista la costruzione di una nuova casa di riposo in Via Calnova.
Noi crediamo che le forze politiche sedute in consiglio comunale non abbiano tutelato questo “bene comune”, in una trasversalità che di questi tempi è molto di moda.
In politichese classico questa operazione viene definita "partnership pubblico-privata"; noi la chiamiamo con il suo vero nome: CESSIONE DI UN BENE COMUNE, costruito e resistito nel tempo grazie al contributo dei cittadini che hanno pagato tasse e ticket e che da tempo lo hanno visto finire nelle mani di un privato il cui unico scopo è trarre profitto!
Altro “peccato originale” è la regionalizzazione introdotta dalla Riforma del Titolo V della Costituzione, che ha consegnato la sanità pubblica al potere politico locale che ordina e comanda, lasciando ai funzionari la responsabilità delle firme su provvedimenti anche poco giustificabili dal punto di vista dell’efficacia e dell’efficienza.
Anche l’ Aziendalizzazione del S.S.N. 502/92 e la privatizzazione del rapporto Pubblico Impiego Dlgs 29/93, con l’obiettivo di ridurre la burocrazia, risparmiare e premiare il merito, hanno mancato i loro obiettivi. La realtà vede invece che si sono creati meccanismi di fedeltà e di sottomissione, orientati verosimilmente alla esternalizzazione dei servizi in favore del settore privato.
Con l’autonomia regionale dei Servizi Sanitari, i costi per il sociosanitario coprono circa l’80% dei bilanci regionali e diventano un potente volano per appetiti locali e carriere personali. Quando il potere politico diventa così ravvicinato, esso non si limita alla sua funzione programmatrice e di gestione, ma talvolta esprime “nuovi target” che verranno raggiunti anche se non rispondono a criteri di qualità e di efficienza.
Questa prassi operativa ha fortemente condizionato le decisioni di rilevanza pubblica orientandole ad una progressiva privatizzazione dei servizi, per arrivare a trasferire al privato accreditato le prestazioni più remunerative, lasciando al Servizio Pubblico soprattutto gli oneri.
E allora, per favore, non continuate a prenderci in giro!
Soprattutto la politica regionale e locale, la Conferenza dei Sindaci per la Sanità e il Comune di San Donà, la smettano di avvallare progetti che aprono le porte al privato scordandosi di essere, prima di tutto, garanti del "BENE COMUNE" per tutti i cittadini.
Alberto D’Andrea
Cobas PI Sanità provincia di Venezia
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