3 Dicembre 2013 (UN TRAGICO EPISODIO CHE POCHI CONOSCONO, ORA IN UN LIBRO)
«Noi, bambini, trattati
come cavie umane»
LA STRAGE DI GRUARO Nel 1933 venne testato un vaccino contro la difterite su 253 piccoli:
28 morirono - 12 maschi, 16 femmine
Nel libro «Gruaro, Venti secoli di storia» il ricercatore Angelo Rizzetto riporta uno per uno i nomi delle 28 vittime, bambini e bambine di età compresa tra i 13 mesi e gli 8 anni. Tra loro anche alcuni fratellini.
I nomi delle piccole vittime: Erminio Barbui, Maria Basso, Renato Biasio, Placida Biason, Luigi Bonan, Mirella Bortolussi, Giovanni Bravo, Giuseppe Colautti, Gio Batta Dreon, Evelina Falcomer, Celso Innocente, Maria Marson, Antonietta Moro, Iole Nosella, Maria Orlando, Bruno Paschetto, Plinio Paschetto, Polinio Peresson, Edda Romanin, Sante Romanin, Imelde Stefanuto, Luciano Stefanuto, Iole Toffoli, Florida Toneatti, Siria Toneatti, Caterina Zambon, Maria Zanin, Celia Zanon.
La battaglia di un sopravvissuto:
Adamo Gasparotto, 86 anni:
«Per quelle vittime nemmeno una lapide»
"In quel maledetto marzo 1933
fummo utilizzati come cavie umane.
Io sono sopravvissuto, tanti altri bambini no.
Ma a tutti quei piccoli martiri
non è dedicata nemmeno una targa"
Sono passati esattamente ottant'anni, ma il ricordo è ancora vivo nella mente di Adamo Gasparotto, che ora abita a Spinea e di anni ne ha quasi 86. Per gli storici locali e per gli anziani residenti del paese, quella del 1933 è ricordata come "La strage di Gruaro". La storia, struggente, è documentata da molte ricerche storiche relative al periodo fascista e merita di essere ripercorsa con le parole di uno dei due testimoni diretti ancora vivi. «Il prefetto e le altre autorità di allora, su indicazione del regime, scelsero i Comuni di Gruaro e Cavarzere per testare un nuovo vaccino contro la difterite - racconta Gasparotto -. Il nostro dottore era del tutto contrario, ma evidentemente c’era il bisogno di provare sul campo il vaccino. La puntura venne fatta a 253 bambini e ben 28 morirono nei giorni seguenti. Quasi sotto silenzio». Tra quei 253 bimbi c'erano pure Gasparotto e la sua sorellina di tre anni: «Ci somministrarono quel vaccino all'ambulatorio comunale, ma tornati a casa ci sentimmo tutti male - racconta riportando le testimonianze degli adulti dell'epoca -. Si cadeva a terra e, mangiando, si rischiava di soffocarsi. Tutti piangevano, il paese era in apprensione. Alla fine ci dovettero ricoverare a Portogruaro, dove l'ospedale era pieno e vennero organizzati reparti di fortuna. Eravamo tutti terrorizzati, ogni tanto qualche bambino moriva e si capiva dalle urla delle mamme». Gasparotto e la sorellina se la cavarono, e solo negli anni seguenti si chiarì quanto era successo: «Un contenitore di siero in un laboratorio di Napoli non fu fatto bollire - racconta Gasparotto -. Le fiale che finirono a Gruaro contenevano vaccino vivo, una sostanza letale». Gasparotto ripercorre pure i giorni seguenti riportando i racconti della madre: «Molti genitori andarono a farsi sentire in municipio muniti di bastoni. Capito l'errore e visto ciò che stava succedendo le autorità salirono a Gruaro per far sparire ogni traccia di quel vaccino. Passarono di famiglia in famiglia per raccattare tutte le scatole vuote». Una storia, quella della strage di Gruaro, confermata pure dalle ricerche di Gianni Strasiotto (studioso di storia locale, per 26 anni sindaco di Pravisdomini in provincia di Pordenone) e Ariego Rizzetto, docente scolastico e storico del Veneto Orientale. Il primo ne fa riferimento in una ricerca sulla storia della diocesi di Concordia, il secondo la cita nella pubblicazione «Gruaro, venti secoli di storia». Nel testo, Strasiotto aggiunge ulteriori dettagli: «Il vaccino venne somministrato ai bimbi dai tredici mesi agli otto anni, il costo per dose era di 80 centesimi, ma gratuita per le famiglie non abbienti. I parroci di Gruaro e della frazione di Bagnara vennero invitati a illustrare la bontà del vaccino alla popolazione: si verificarono 28 decessi a causa di paralisi, molti altri bimbi restarono segnati per tutta la vita». Un elemento importante lo aggiunge pure Rizzetto: «Non venne svolta, a quanto risulta, alcuna indagine giudiziaria per accertare le responsabilità». Ottant'anni dopo Adamo Gasparotto non pretende giustizia, ma chiede solo che quei bimbi vengano ricordati come meritano, ed è per questo che nei mesi scorsi ha scritto all'amministrazione di Gruaro: «In quelle tombe non c'è una parola che spieghi come e perché sono morte quelle creature. Dovrebbe essere posta almeno una targa, una lapide che spieghi la causa della morte di quei piccoli innocenti». Gabriele Pipia
(Fonte: Gazzettino di Venezia)
SPARITO IL FASCICOLO SULLA STRAGE DI BAMBINI
Piccoli trattati come cavie,
il Sindaco vuole ricostruire la vicenda
Sparito in Comune il fascicolo sulla strage dei bambini: in archivio è stata trovata solo la lettera con la quale il Prefetto ordina in modo perentorio che quelle iniezioni di vaccino sperimentale contro la difterite dovevano essere assolutamente fatte, per vincere la "resistenza" del medico condotto del tempo che non voleva trasformare in cavie umane dei bambini innocenti.
In quel terribile marzo del 1933, dei 253 bambini di Gruaro tra 1 e 8 anni che furono sottoposti a sperimentazione, 28 morirono e molti altri hanno subìto pesanti conseguenze, soprattutto a livello psichico.
Dopo la denuncia, da Spinea, dell'85enne Adamo Gasparotto, uno dei sopravvissuti alla strage, interviene il sindaco di Gruaro, Giacomo Gasparotto, cugino in secondo grado dell'anziano superstite.
«È vero - ammette il primo cittadino - quella terribile tragedia è stata dimenticata. In paese tutti sanno della vicenda anche perchè ci sono due cappelle: una nel cimitero di Gruaro e una a Bagnara. Cappelle che riportano i nomi dei bimbi morti anche se non ci sono scritti i motivi di quei decessi. In paese si ricorda ad esempio che ogni famiglia colpita ebbe un indennizzo di 7 mila lire (poco più di 7.200 euro attuali, ndr.).
Ma andando oltre i confini di Gruaro sembra che nessuno sappia: perchè questo silenzio?». E questo è solo uno dei tanti interrogativi ancora senza risposta. Oltre a non colpire penalmente i responsabili sembra, che il regime fascista abbia voluto coprire tutto, eliminando le tracce di quella strage.
«Con Adamo - ricorda il Sindaco - mi sono incontrato due mesi fa e abbiamo concordato che quella lontana tragedia andava rivelata.
Per questo l'Amministrazione comunale ha incaricato Dario Bigattin e Mirco Bornancin, un ex dipendente comunale che si è offerto volontariamente, di fare le ricerche documentali a livello di Prefettura e Ministero. Raccolti i documenti sarà realizzata una pubblicazione che nella prossima primavera verrà diffusa in tutte le famiglie di Gruaro.
In Comune è sparito il fascicolo relativo e, tranne la lettera del Prefetto, non si trova neppure la documentazione della costruzione delle due cappelle. Dalle prime ricerche è emerso che un medico di laboratorio dell'istituto centrale di profilassi, nell'immediatezza dei fatti, è morto: non è chiaro se si sia suicidato o sia caduto dalle scale, e il responsabile dell'istituto fu defenestrato.
Ma uno degli interrogativi più pressanti è con quale criterio sono stati scelti i Comuni di Gruaro e Cavarzere per la sperimentazione? Forse perché comuni poveri posti alle estremità della provincia?
Fortuna ha voluto che i bambini della frazione di Giai siano stati risparmiati in quanto l'infermiera incaricata ad eseguire le iniezioni è arrivata il giorno dopo: essendosi subito manifestati i sintomi ai bambini vaccinati, l'operazione è stata bloccata». Maurizio Marcon
(Fonte: Gazzettino di Venezia)
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