9 Marzo 2014
La denuncia di una donna
«Senza lavoro dopo il parto»
Da “store manager” a disoccupata: 38enne si appella a Renzi
«Contratto a tempo determinato non rinnovato
dopo la nascita di mio figlio»
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di Gemma Canzoneri
PORTOGRUARO «Dopo la nascita di mio figlio l’azienda per cui lavoravo mi ha lasciata a casa». L’ennesimo grido d’aiuto per la mancanza di posti di lavoro ma soprattutto per discriminazione nei confronti del diritto alla maternità, arriva da Portogruaro dove, Caterina La Mattina, una donna di 38 anni che da soli due mesi ha dato alla luce il suo bambino, si è ritrovata ad essere da “store manager” a mamma single disoccupata nell’arco di pochi mesi.
Un contratto a tempo determinato già rinnovato due volte in un anno e mezzo, per una ditta di origine danese e operativa nel settore commerciale con un punto vendita all’interno del centro commerciale Adriatico: la Jack & Jones abbigliamento per uomo.
La protesta giunge proprio a causa del mancato rinnovo del contratto avvenuto, a detta della signora, proprio a seguito della nascita di suo figlio, insinuando in lei il concreto sospetto che la decisione sia stata maturata proprio perché una maternità, al giorno d’oggi, risulta scomoda per le aziende. «Con questo tipo di contratto a tempo determinato, le ditte come quella per cui lavoravo possono comportarsi in questo modo, a parer mio vergognoso, nei confronti di chi come me ora si trova da sola, senza uno stipendio né un indennizzo di maternità e con un figlio piccolo a carico», spiega Caterina. «Se il mio fosse stato un tempo indeterminato, la legge mi avrebbe tutelata fino al compimento del primo anno del bambino. A me sarebbero bastati solamente i primi tre mesi come previsto e poi sarei tornata volentieri a ricoprire il mio ruolo di manager all’interno del negozio, invece ora sono disoccupata ma soprattutto alla disperata ricerca di un nuovo posto di lavoro».
Non una polemica direttamente rivolta alla ditta per cui lavorava, ma una denuncia generale per sottolineare le numerose difficoltà che, queste situazioni, creano nel mondo del lavoro, discriminando le madri di famiglia. Proprio per questo motivo, Caterina si è rivolta anche alle personalità politiche del territorio, inviando una lettera anche Matteo Renzi, nella speranza di poter essere ascoltata. Ancora nessuna risposta, però, è giunta alla sua richiesta di aiuto. «Credo che le persone arrivino a fare gesti estremi non perché impazziscono», continua la donna, «ma per aver perso il coraggio di lottare. Io voglio credere, però, che le cose cambieranno soprattutto perché noi donne, anzi noi mamme, facciamo i figli del futuro».
(Fonte: Nuova Venezia)
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