13 Marzo 2014
L'INSOLITA NOSTALGIA...
(Quando il tempo deforma la realtà delle cose)
A fine Febbraio 2014 sembrava che il "Bar del Duce" dovesse chiudere, poi agli inizi di Marzo la signora Giannina, una nostalgica di Mussolini e del periodo fascista, che evidentemente conosce a "modo suo", alla veneranda età di 83 ha deciso di continuare, e il "Museo" potrà essere ancora visitato, spero però con lo spirito giusto...
G.B.
SAN STINO: La "Tata"
non molla il bar di Mussolini
A 83 anni Giannina Sandrin
gestisce l’unico locale di Sette Sorelle
La "Tata" non chiude. Al secolo Giannina Sandrin, 83 anni, continuerà a gestire l'antica osteria, ora bar, "D'Enea" che ha dato il nome alla località delle Sette Sorelle.
Da quando, tre mesi fa, è morta "Donna Rachele", l'amatissima cagnetta, nella "Tata" è subentrata una certa stanchezza e voglia di mollare tutto.
«È vero che ci sono sempre più tasse da pagare - ammette -, ma fino a quando le forze mi sorreggono vado avanti: anche perchè questa è l'eredità da portare avanti lasciatami da papà Enea». Erano infatti gli anni '20 quando Enea Sandrin ha aperto l'osteria per ristorare i cariolanti. Un esercizio pubblico integrato nel tempo con la vendita dei generi alimentari, sigarette, posto telefonico. Alle Sette Sorelle da un anno ha chiuso i battenti anche il "Bar Contarina". Sopravvivono solo la chiesa, che apre però solo la domenica per la messa, e appunto, ogni giorno, il bar "D'Enea". I turisti, diretti a Caorle lungo la provinciale, che per caso si fermano, restano colpiti dal museo di simboli e immagini dl fascismo: non c'è un angolo del locale in cui non ci sia un busto di Mussolini. E poi tanti gadget, dalle penna all'accendino, che la Tata recupera nei suoi pellegrinaggi a Predappio.
Per il "servizio svolto alla comunità di San Stino", la stessa amministrazione comunale di centrosinistra, nel 2010, assieme all'Associazione commercianti, le ha consegnato una targa di riconoscimento.
Maurizio Marcon
(Fonte: Gazzettino di Venezia - 12.03.2014)
Bar del duce, giù le serrande:
«Troppe tasse»
Giannina Sandrin, 83 anni, ha deciso di chiudere
il locale diventato una sorta di museo
SAN STINO. Giannina Sandrin ha 83 anni, vive e lavora a Sette Sorelle. È una nostalgica di Benito Mussolini e ha trasformato il suo bar in una sorta di Museo del fascismo, meta di nostalgici del regime. Ieri ha annunciato la chiusura dell’attività, che avverrà quanto prima.
«Non ce la faccio più a pagare tutte queste tasse», dice l’arzilla signora, «e il clima attuale è quello che è. Poi, con i tempi che corrono, beh, uno come lui (e lo fa indicando un busto del duce), risolverebbe davvero tanti problemi». Nel suo esercizio di fronte alla chiesa di Sette Sorelle, Mussolini è riprodotto in tutte le maniere: di profilo, a cavallo, su un quadro.
Si vede anche un accostamento tra la foto del duce e quella di Papa Francesco, in buona compagnia dei predecessori Ratzinger, Luciani e Wojtyla. «Mi piacciono i papi, sono religiosa» commenta.
Poi mostra orgogliosa le bandiere storiche, conservate in uno scatolone. C’è quella dell’80° anniversario della Marcia su Roma («Mio padre Enea ha partecipato a quella Marcia, ed è tornato con una pergamena e la firma di Italo Balbo». Poi quasi nasconde quella dello strappo di Fiuggi, la bandiera di Alleanza Nazionale.
«Meglio non ricordare», dice. Giannina Sandrin mostra le bustine da zucchero che riproducono il volto del duce e la bandiera della Repubblica Sociale Italiana. «Queste cose qui non si vendono, occorre andare a Predappio». Giannina Sandrin, con i suoi 83 anni, è una donna minuta e determinata. «Qui a Sette Sorelle non avevamo niente» commenta «La bonifica l’ha fatta Mussolini, così come ha fatto costruire la scuola, accanto alla chiesa». Dalla storia alla delusione di questi tempi. «Sono tempi grami» commenta «io non ce la faccio più con tutte queste tasse. Basta, ho deciso. Chiudo i battenti. Non ce la faccio. Io lavoro dietro al bancone da quando avevo 12 anni».
Lucida i busti della buonanima nel suo bar.
«Ci sono persone che giungono da molto lontano solo per farsi fotografare». E forse per farsi raccontare qualcosa da quella memoria storica. Giannina ha resistito, fino a questo momento. Ora è costretta a gettare la spugna. (r.p.)
(Fonte: Nuova Venezia - 25.02.2014)
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